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creatività + passione per il cinema
un brivido che dura da oltre 25 anni
manifesti cinematografici dal 1997
Il primo brivido
Il mio primo manifesto risale al 1997. Sono stato cinque anni in quello che alla fine del XX secolo era la “factory” del cinema italiano, la Cecchi Gori produzione e distribuzione: quattro - cinque film italiani sempre in lavorazione tra uscite al cinema e shooting fotografici, più altrettanti titoli stranieri per i quali spesso si decideva di rivoluzionare il poster originale. Ho avuto la fortuna di interagire fin dall’inizio con Massimo Proietti che è tuttora un riferimento per competenza e stile, e Rita Rusic, una donna vulcano che coordinava il lavoro di decine di persone e alla quale riportavo quotidianamente il mio lavoro. E si lavorava con registi del calibro di Verdone, Virzì, Vanzina, Pieraccioni, Salemme, Milani, Salvatores, Rubini, Albanese… vedendo nascere il prodotto fin dalle prime stesure della sceneggiatura, visitando i set, vedendo spesso il girato quotidiano fino alla prima visione riservata per il produttore. La filiera intera dalla A alla Z, un bagaglio di conoscenza diretta che ancora mi porto dietro. Il modo di fare un manifesto è cambiato, sia tecnicamente che strategicamente, ma l’emozione di vedere per le strade, nei cinema o sui social il risultato del proprio lavoro è ancora la stessa. Così come rimane intatta la curiosità e lo studio dei pittori cartellonisti del cinema italiano dagli albori fino agli anni ’80, il monitoraggio costante della grafica internazionale e il lavoro dei colleghi.
I collaboratori
È senza dubbio un lavoro di squadra. Io ho fatto l’allenatore (o il capitano) di giocatori abilissimi che sono cresciuti insieme con me e con i quali tuttora – dopo 25 anni – condivido parte del progetto. Fabrizio Micheli, Mirko Leonardi e Davide Simonelli hanno condiviso con me gioie e dolori di quasi 400 manifesti (senza contare tutti gli altri lavori extra cinema, ma ci vorrebbe un altro sito).
I fotografi
Se la spesa è fatta bene lo chef può cucinare buoni piatti. Ho conosciuto tanti fotografi, difficile fare una classifica perché sono tutti bravi o bravissimi. Quando sono consapevoli che devono fare un passo indietro e mettersi al servizio del film perché fanno parte di un progetto che nasce molto prima e che si interseca solo per qualche ora con il loro obiettivo, tutto fila liscio. Il merito di un bel manifesto è da condividere con fior di professionisti come Riccardo Ghilardi, Stefano Montesi, Philippe Antonello, Loris Zambelli, Fabio Lovino, Claudio Porcarelli, Lucia Iuorio, Maria Marin, Gianmarco Chieregato, Leonardo Baldini, solo per citare quelli con cui ho avuto a che fare più spesso (e volentieri).
I registi
Il regista è la mamma del film. Consegnare il figlio neonato nelle braccia di un estraneo, anche solo per un attimo, provoca in loro uno stato d’ansia spesso malcelato. Non è facile per chi ha vissuto la pellicola attimo per attimo, accettare che una sola immagine, seppur complessa e articolata, possa racchiudere in sé l’essenza di un’opera. Però devo ammettere che il confronto con tanti registi mi ha arricchito (più umanamente che economicamente). Quelli che si sono fidati del mio lavoro, non pochi, hanno ricevuto “in cambio” un manifesto più bello e più efficace. Carlo ed Enrico Vanzina, Massimiliano Bruno, Alessandro Siani, Alex Pondi, per citarne alcuni, sono persone che hanno sempre gratificato il lavoro mio e del mio team fidandosi più di me che di loro stessi.
I clienti
La strada che porta all’ok definitivo è una corsa ad ostacoli. Il cliente è, in ordine sparso… il direttore marketing della distribuzione, il regista, il produttore, gli attori, il marketing della produzione, l’ufficio stampa del regista, l’ufficio stampa del film, la figlia del regista, i vicini di casa del produttore.Dare retta un po’ a tutti spesso porta a un “né carne né pesce”, ma se si riesce a far tesoro di tutte le opinioni il risultato può essere migliore.
La concorrenza
Come nel rugby esiste il concetto di avversario e non di nemico. Fatto sta che con (quasi) tutti i colleghi concorrenti esiste non solo un rapporto di corretta competizione, ma spesso di vera e propria amicizia fondata anche sulla condivisione di battaglie combattute sullo stesso campo.
Il primo brivido
Il mio primo manifesto risale al 1997. Sono stato cinque anni in quello che alla fine del XX secolo era la “factory” del cinema italiano, la Cecchi Gori produzione e distribuzione: quattro - cinque film italiani sempre in lavorazione tra uscite al cinema e shooting fotografici, più altrettanti titoli stranieri per i quali spesso si decideva di rivoluzionare il poster originale. Ho avuto la fortuna di interagire fin dall’inizio con Massimo Proietti che è tuttora un riferimento per competenza e stile, e Rita Rusic, una donna vulcano che coordinava il lavoro di decine di persone e alla quale riportavo quotidianamente il mio lavoro. E si lavorava con registi del calibro di Verdone, Virzì, Vanzina, Pieraccioni, Salemme, Milani, Salvatores, Rubini, Albanese… vedendo nascere il prodotto fin dalle prime stesure della sceneggiatura, visitando i set, vedendo spesso il girato quotidiano fino alla prima visione riservata per il produttore. La filiera intera dalla A alla Z, un bagaglio di conoscenza diretta che ancora mi porto dietro. Il modo di fare un manifesto è cambiato, sia tecnicamente che strategicamente, ma l’emozione di vedere per le strade, nei cinema o sui social il risultato del proprio lavoro è ancora la stessa. Così come rimane intatta la curiosità e lo studio dei pittori cartellonisti del cinema italiano dagli albori fino agli anni ’80, il monitoraggio costante della grafica internazionale e il lavoro dei colleghi.
I collaboratori
È senza dubbio un lavoro di squadra. Io ho fatto l’allenatore (o il capitano) di giocatori abilissimi che sono cresciuti insieme con me e con i quali tuttora – dopo 25 anni – condivido parte del progetto. Fabrizio Micheli, Mirko Leonardi e Davide Simonelli hanno condiviso con me gioie e dolori di quasi 400 manifesti (senza contare tutti gli altri lavori extra cinema, ma ci vorrebbe un altro sito).
I fotografi
Se la spesa è fatta bene lo chef può cucinare buoni piatti. Ho conosciuto tanti fotografi, difficile fare una classifica perché sono tutti bravi o bravissimi. Quando sono consapevoli che devono fare un passo indietro e mettersi al servizio del film perché fanno parte di un progetto che nasce molto prima e che si interseca solo per qualche ora con il loro obiettivo, tutto fila liscio. Il merito di un bel manifesto è da condividere con fior di professionisti come Riccardo Ghilardi, Stefano Montesi, Philippe Antonello, Loris Zambelli, Fabio Lovino, Claudio Porcarelli, Lucia Iuorio, Maria Marin, Gianmarco Chieregato, Leonardo Baldini, solo per citare quelli con cui ho avuto a che fare più spesso (e volentieri).
I registi
Il regista è la mamma del film. Consegnare il figlio neonato nelle braccia di un estraneo, anche solo per un attimo, provoca in loro uno stato d’ansia spesso malcelato. Non è facile per chi ha vissuto la pellicola attimo per attimo, accettare che una sola immagine, seppur complessa e articolata, possa racchiudere in sé l’essenza di un’opera. Però devo ammettere che il confronto con tanti registi mi ha arricchito (più umanamente che economicamente). Quelli che si sono fidati del mio lavoro, non pochi, hanno ricevuto “in cambio” un manifesto più bello e più efficace. Carlo ed Enrico Vanzina, Massimiliano Bruno, Alessandro Siani, Alex Pondi, per citarne alcuni, sono persone che hanno sempre gratificato il lavoro mio e del mio team fidandosi più di me che di loro stessi.
I clienti
La strada che porta all’ok definitivo è una corsa ad ostacoli. Il cliente è, in ordine sparso… il direttore marketing della distribuzione, il regista, il produttore, gli attori, il marketing della produzione, l’ufficio stampa del regista, l’ufficio stampa del film, la figlia del regista, i vicini di casa del produttore.Dare retta un po’ a tutti spesso porta a un “né carne né pesce”, ma se si riesce a far tesoro di tutte le opinioni il risultato può essere migliore.
La concorrenza
Come nel rugby esiste il concetto di avversario e non di nemico. Fatto sta che con (quasi) tutti i colleghi concorrenti esiste non solo un rapporto di corretta competizione, ma spesso di vera e propria amicizia fondata anche sulla condivisione di battaglie combattute sullo stesso campo.
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